venerdì 22 novembre 2013

Michela Zanarella intervista Sergio Boffetti, autore del romanzo "Quando la pioggia corre"


Sergio Boffetti nasce a Bergamo. Scrive dall’età di otto anni, da quando un evento infausto ha cambiato per sempre il corso della sua vita. Nel 2008 il suo racconto “Grazie, Merry” riceve un riconoscimento nazionale ‘per il suo importante messaggio di pace’ al premio letterario dedicato a Tiziano Terzani “Firenze per le Culture di Pace”. Uno stralcio del racconto è stato inserito nel libro “Racconti per la Pace” a cura della regione Toscana. “Quando la pioggia corre” è il suo romanzo d’esordio.

D- "Quando la pioggia corre" è il tuo romanzo d'esordio. Ci racconti com'è nato il libro e perché questo titolo?
R-"Quando la pioggia corre" è nato dal bisogno di esorcizzare il dolore e i demoni legati alla mia infanzia. E' uno sfogo in tutto e per tutto, e lo si può percepire dalla prima all'ultima pagina. L'ho scritto per liberarmi dal peso del nero che mi portavo dentro dall'età di otto anni. Ora quel fiume oscuro è stato liberato, la scrittura ha di nuovo messo in atto il suo effetto terapeutico che da sempre ha esercitato su di me. Per quanto riguarda il titolo, come spesso mi capita, è arrivato prima della trama. Avevo ventuno-ventidue anni. Mi trovavo su un treno e osservavo le avvertenze rivolte ai viaggiatori su uno dei tanti cartelli affissi nella mia carrozza. Uno di questi aveva perso una lettera, sbiadita dall'usura. Così "WHEN THE TRAIN RUNS..." (quando il treno corre) era diventato "WHEN THE RAIN RUNS..." (quando la pioggia corre). Mi affrettai ad appuntarmi quella frase bizzarra sul quadernetto nero che mi porto sempre in tasca per testimoniare ogni esperienza degna di nota, e una volta tornato a casa mi misi a scrivere. 
D-Cosa ha determinato la tua scelta di scrivere un libro e di pubblicarlo? 
R-Prima di "Quando la pioggia corre" avevo scritto soltanto racconti, tra i quali alcuni premiati ad importanti concorsi letterari. Ho iniziato a scrivere da bambino, spronato dagli psicologi che mi avevano in cura a trovare uno "stratagemma" come terapia. Ho scelto la scrittura perché mi sembrava lo strumento più affine alla mia sensibilità. Perciò quando ho iniziato a raccontare questa storia struggente non pensavo minimamente che ciò che stavo scrivendo sarebbe potuto essere utile anche ad altri, oltre che a me. E' stato solo quando ho messo la parola "fine" che mi sono reso conto di aver scritto un romanzo vero e proprio e che era ora di trasformare il mio "stratagemma" in qualcosa di più ambizioso.   
D-Hai avuto difficoltà nel trovare un editore? La tua casa editrice come ti sta sostenendo?
R-E' inutile negare che sia sempre più difficile trovare qualcuno che creda in ciò che scrivi. Questo perché il mestiere dello scrittore sta interessando un sempre crescente numero di persone, oggi che i lavori manuali e industriali stanno subendo un netto calo a causa della crisi degli impieghi. Di conseguenza i manoscritti che pervengono alle case editrici sono di una mole ingestibile e l'operazione di scrematura fa fuori la maggior parte degli aspiranti scrittori. Essere scelto tra i tanti è un' ipotesi sempre più remota, specialmente se l'opera che si va a presentare tratta argomenti scomodi o non segue la moda del mercato. Questo è il caso di "Quando la pioggia corre",  rimasto nel famoso cassetto per quattro anni prima di essere dato alle stampe. Fortunatamente però esistono ancora editori di mentalità abbastanza aperta da cogliere le qualità di un romanzo senza farsi spaventare dai temi scottanti che tratta. 
D-Quali tematiche affronti nel tuo romanzo e qual è secondo te il punto di forza del tuo lavoro letterario?
R-Ho scelto di far conoscere quel che scrivo perché ciò servisse a dare voce a chi non ne ha. Credo che essere uno scrittore porti con sé onori e oneri. Io mi sono preso entrambi. Non volevo diventare un autore da intrattenimento, di quelli ce ne sono già tanti. Ho deciso di essere uno di quelli che proiettano un cono di luce laddove c'è tenebra, anche se a volte si scoprono temi delicati e scabrosi, ma prima o poi qualcuno lo deve fare, è pericoloso che diventino tabù. In "Quando la pioggia corre" parlo di pedofilia, di abuso di stupefacenti e di infanzia rubata sotto ogni punto di vista. Credo sia proprio questo il punto di forza del mio lavoro letterario, come lo chiami tu. La lealtà e la schiettezza delle vicende narrate, che magari ad un primo impatto possono ferire il lettore come una lama affilata, ma che poi gli rimangono dentro per sempre. E cambiano il suo modo di vedere il mondo. Kafka diceva che "dovremmo leggere soltanto i libri che ci fanno male e che ci feriscono. Se il libro che stiamo leggendo non ci sconvolge come un colpo alla testa, perché dovremmo prenderci il fastidio di leggerlo?”
D- Il protagonista di "Quando la pioggia corre" non ha nome, chiunque può rispecchiarsi in lui. Quanto c'è della tua esperienza di vita nel personaggio?
R-Mentre raccontavo la storia e le vicissitudini del mio giovane protagonista, non pensavo a tutto ciò. Poi man mano che il romanzo prendeva forma mi rendevo conto che in realtà era di me che stavo parlando. Descrivevo i suoi dolori, ma in realtà erano i miei che avrei voluto gridare. Parlavo del suo desiderio di fuggire da tutto e da tutti, ma ero io che me ne volevo andare senza tornare mai più indietro.  

D-"Alcuni dicono che la pioggia è brutta, ma non sanno che permette di girare a testa alta con il viso coperto dalle lacrime." Una tua riflessione su questa citazione di Jim Morrison.
R-Chi ha avuto una vita travagliata, un'infanzia difficile o un'adolescenza turbata, chi ha dovuto vedere e sopportare tanto dolore ha molto da raccontare. Jim Morrison interpreta pienamente l'inquietudine che pervade anche me e la mia scrittura. Io sento profondamente nelle sue massime e nelle sue canzoni l'amarezza e la malinconia che velavano il suo sguardo anche nella gioia. La pioggia è proprio l'emblema della sofferenza emotiva e del dolore, la sua somiglianza con le lacrime ci incupisce quando inizia a cadere. E' il pianto del cielo, ma allo stesso tempo un paravento dietro il quale nascondersi. Una maschera perfetta dataci in dono dalla natura per proteggere la nostra intimità e permetterci di ammettere, almeno a noi stessi, ciò che stiamo provando. 

D-Progetti per il futuro?
R-Ne ho tanti. Mentre continuo con la promozione di "Quando la pioggia corre", continuo a scrivere il mio secondo romanzo, che mi sta impegnando ormai da due anni e mezzo. Spero di poterlo pubblicare entro la fine del prossimo anno, magari con un editore un po' più conosciuto, che mi consenta una maggiore distribuzione e visibilità. Poi continuo anche sulla strada del cinema, che per ora è soltanto un hobby, ma chissà che un giorno non succeda come con la scrittura e non diventi la mia nuova professione.  

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